Spalletti è il nuovo allenatore della Juventus. Ormai è ufficiale, con tanto di presentazione e debutto. Questa, però, è solo una delle varie angolature da cui va analizzata la situazione del club bianconero. Un sistema complesso è composto da più sottosistemi che interagiscono tra di loro. Ogni elemento è vitale per l’altro. Questo vale anche nella squadra di calcio.
Si consideri come esempio il Milan. I rossoneri hanno ristabilito una situazione dalla buona prospettiva ponendo alcuni tasselli determinanti. Intanto, la proprietà ha dato la sua massima disponibilità alla crescita del team. Queste sono le fondamenta. Poi la società ha costruito la sua struttura ponendo un cardine su ogni piano. Tare è il direttore sportivo, colui che guida, ed è uomo di esperienza e competenza. Allegri è un allenatore leader in campo e fuori. Modric, invece, è il faro nel rettangolo verde a cui ognuno fa riferimento.
E la Juve? Non è dato comprendere cosa la proprietà intenda fare della squadra. Elkann non ama la Juventus e questo sembra essere appurato. La tratta come una delle sue società cioè vuole averne un ritorno economico che, purtroppo, per chi fa calcio non dev’essere sempre la prima aspirazione. Non dico che sia necessario perderci, ma i colori vanno portati nel cuore con passione e sacrificio. Non sembra così per la Vecchia Signora e nemmeno per la Ferrari. In prospettiva non pare vi sia una vendita, ma non è dato comprendere cosa accadrà. Teather, società legata alle criptovalute, è entrata nell’asset e vorrebbe essere sempre più coinvolta, ma non ha vita facile. Insomma, dall’esterno si percepisce confusione.
La società cambia in continuazione i suoi vertici. A fine 2022, Andrea Agnelli, Nedved, Arrivabene e Paratici l’hanno lasciata e sembra ormai un’era geologica fa. Il loro addio era legato alle questioni relative alle plusvalenze e alla querelle Superlega. Ferrero è diventato presidente, Scanavino a.d. e, nell’estate successiva, Giuntoli d.s.. Poi hanno mandato via il toscano. Comolli è arrivato ed è diventato d.g. con Modesto d.t.. Il prossimo 7 novembre, ormai molto vicino, l’ex Nizza sarà ceo con un ruolo praticamente pluripotenziario. Manca una stabilità e non c’è neppure serenità perché, dopo le già citate questioni che sono costate pesanti penalità sportive ai bianconeri, ora incombe la mannaia del Fair Play Finanziario e dell’Uefa.
Si arriva, quindi, all’allenatore. La Juventus è un mondo a se stante. Serve un tecnico che abbia un carisma infinito e che sappia comprendere il dna di questa gloriosa entità. Thiago Motta ha peccato sotto quest’ultimo profilo, mentre Tudor potrebbe aver pagato una mancanza di “scaltrezza” che si è tramutata in assenza proprio di carisma. Insomma, entrambi, con poca esperienza, sono caduti in una trappola da cui non sono riusciti a emergere. Forse si attendevano di più rispetto a ciò che la squadra può dare e tale ricerca li ha condotti nel baratro. Spalletti, come Allegri, ha le potenzialità per fare un lavoro egregio e, probabilmente, a oggi era la figura che meglio si sposava con le necessità bianconere per competenze, credibilità e fame derivata da quel orribile passaggio in nazionale che potrebbe aver condotto Luciano alla definitiva e ultima trasformazione di una lunga carriera.
Per il Milan si parlava di Modric. Alla Juventus manca un leader tecnico perché Giuntoli e Motta hanno fatto piazza pulita allontanando quasi tutti i tasselli rimasti dell’ormai arcaica struttura che aveva condotto i sabaudi all’ultimo scudetto targato Sarri. Il riferimento è a Alex Sandro, Szczesny e Danilo. E’ rimasto il solo Perin. Il mix tra allenatore giovane e compagine con le medesime caratteristiche non ha funzionato per ben due volte. Spalletti è chiamato proprio a effettuare tale compensazione nell’attesa che giocatori come Locatelli, Gatti, Vlahovic, se resterà, Cambiaso, e Yildiz raggiungano quello status.

